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Felice Gimondi, ecco l’intervista di Valentino Sucato

Intervistato l’ex ciclista che vinse tre giri d’Italia

Felice Gimondi, ecco l’intervista di Valentino Sucato

Tre Giri d’Italia (1967, ’69, ‘76), un Tour de France (’65) una Vuelta (‘69) e poi una Roubaix (’66), una Sanremo (’74), due Lombardia (‘66, ’73) e nonostante fossero i tempi del “cannibale Merckx”, il palmares di Felice Gimondi è così ampio che già si fa fatica a sintetizzarlo. Considerato da tutti un “gran signore”, sia in bici che fuori dal mondo ciclistico, ha rappresentato il ciclismo italiano per più di un decennio, catalizzando l’amore degli italiani negli anni successivi alla morte di  Coppi e l’addio alle corse di Bartali e Magni. Erano i tempi di un ciclismo ancora romantico, con grandi sfide tra campioni che duellavano nelle strade di mezza Europa. I nomi sono scolpiti nella memoria di chi ama il ciclismo: Anquetil, Merckx, Poulidor, Ocaña,  Fuente, Thevenet, Adorni, Motta, Zoetemelk.

1)   Felice, il figlio della postina di Sedrina. Perfino su facebook c’è un gruppo a te dedicato con questa frase.

“Si, e la cosa mi fa molto piacere. Sono nato in un piccolo borgo della Val Brembana, dove il pane e la fatica erano un ottimo binomio.  Mia madre, Angela, lavorava all’ufficio postale di Sedrina. Allora la posta si distribuiva usando la bici e nei periodi di freddo o di neve, ero io a sostituire mia mamma: era l’unica donna del paese ad andare in bici, aveva una Wolsit beige.  Ero molto legato alla mia famiglia e con l’oratorio della Chiesa furono i miei luoghi di formazione umana e spirituale. I concetti di amore, onestà e fatica mi sono serviti più tardi per far bene nel ciclismo. Lavorare duro, questo mi venne detto sin da piccolo e ironia della sorte, la prima vittoria la ottenni il 1° maggio, in una piccola corsa, la Bergamo-Celana. Debbo a mia madre il mio amore per la bicicletta.”

2)Grazie alle sue prestigiose vittorie, Gimondi è considerato un Mito sportivo degli anni ’60. Umile, saggio, insomma, un patrimonio per l’Italia…

“Questo lo lascio dire agli altri. Grazie a Dio nella mia vita ho incontrato persone che mi hanno dato tanto. Nella vita sportiva a certi livelli ci vuole equilibrio e testa sulle spalle. E’ facile essere travolto dal successo e dalla fama. Per questo debbo molto a mia moglie Tiziana. Me ne sono innamorato 50 anni fa. Ci trovavamo in ritiro a Diano Marina dopo la Milano-Sanremo del ’65. Tiziana e i suoi parenti, già amici di Adorni, gestivano un albergo che ospitava i ciclisti. Fui abbagliato dai suoi occhi. L’ho rincontrata l’anno dopo  e ancora oggi provo le stesse sensazioni di quel giorno. E’ stata Lei ad aiutarmi a rimanere un normale campione. Ciclisticamente parlando, Luciano Pezzi è stato come un padre. Mi ha dato moltissimo.”

3)   Nel 1965 avviene qualcosa di incredibile. Passi alla Salvarani, 23 anni non compiuti, podio al Giro e a luglio vinci il Tour.

“Al Giro del 65 corsi da gregario, al fianco di Vittorio Adorni che poi lo stravinse con  11’26” di vantaggio su Zilioli. Arrivai terzo a 12’57” dalla maglia rosa. A luglio non dovevo andare al Tour. Fui chiamato a sostituire Fantinato all’ultimo momento, il mio utilizzo era mirato: dovevo aiutare, infatti, il capitano Adorni nella prima settimana del Tour, per poi uscire di scena.”

4)   Ed invece….. il destino ti portò subito a vestire la maglia gialla.

“Dalla piccola Sedrina mi ritrovai catapultato nella grande Francia e addirittura a Roubaix dove arrivava la 2^ tappa mi ritrovai a sprintare, dopo una lunga fuga,  con lo specialista Van de Kerckhove. Vinse il belga  che indossò  la maglia gialla. Il giorno dopo si arrivava a Rouen, la città di Anquetil, vinsi in volata lunga battendo Darrigade. Ero io la nuova maglia gialla.”

5)   E da quel giorno i francesi conobbero Gimondi, anzi Gimondì, con l’accento sulla i.

“In quei giorni fui circondato dall’entusiasmo. Ma da buon bergamasco tirai dritto per la mia strada, che comunque prevedeva delle insidie. Adorni si ritirò per un’intossicazione. A La Rochelle, persi la maglia di leader, ma sui Pirenei scatenai una battaglia infernale. Avevamo scalato il Tourmalet  e in fuga con Poulidor e Jimenez e verso l’arrivo, forai. Non vinsi la tappa, ma era il 30 giugno, il compleanno della postina di Sedrina e  a mamma in quell’arrivo a Bagneres de Bigorre regalai la maglia gialla.”

6)   E poi il Parco dei Principi….. in quel 14 luglio festa nazionale per i francesi, Gimondi conquista il Tour.

“Poulidor fece il diavolo in quattro per attaccarmi. Sul  Mont Ventoux, mi diede filo da torcere, vinse lui e io faticai non poco. Tenni  comunque la maglia gialla, ma che fatica!. Poi nella crono sul Mont Revard  diedi il meglio di me stesso, la vinsi e portai la maglia a Parigi.”

7)   E poi il Mondiale, Montijuc  1973, dove hai firmato un capolavoro.

“Penso che fu la mia astuzia ad avere la meglio.  Eravamo in quattro: io, Ocaña e due belgi Merckx e Maertens. Si arrivava in leggera salita. Fu un suicidio belga. Quando Maertens partì,  ebbi la percezione che potevo vincere il mondiale, presi la sua ruota.  Lui negli ultimi centimetri crollò.  E così lo superai.”

8)   Felice come festeggerai il tuo compleanno.

Lo passerò con il mio trofeo più importante,  la famiglia. Gli anni passano  e ti rendi conto che stare con le persone più care è come vincere, ogni giorno,  con l’aiuto di Dio, una magnifica tappa.

Valentino Sucato

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