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Papa Francesco, ultimo tra gli ultimi in Brasile

Il Pontefice alla XXVIII GMG a Rio de Janeiro

“Francesco è un miracolo di umiltà nell’ era della vanità”. Queste parole di Elton John con particolare puntualità descrivono lo stato d’ animo che pervade tutti noi, credenti e non credenti, nel seguire quotidianamente le pagine del pontificato di Papa Francesco, che dal 13 Marzo, giorno della sua elezione al soglio pontificio, non cessa di stupirci, di stravolgere protocolli, di consegnarci tanti spunti di riflessione, di far parlare i gesti, le azioni piuttosto che i sermoni e le parole.

Nella cornice del Brasile, in occasione della XXVIII Giornata Mondiale della Gioventù, Papa Francesco è andato, povero tra i poveri, non nello sfarzo, nella ricerca di privilegi o di corsie preferenziali, ma ultimo tra gli ultimi, con la borsa in mano e con la semplicità nel cuore.

Tornano in questi giorni alla memoria le parole che il Crocifisso di S. Damiano consegnò a Francesco d’ Assisi: “Francesco, va e ripara la mia Chiesa perché, come vedi, è in rovina”. Sia al Poverello d’ Assisi, sia a Papa Bergoglio il Signore ha affidato, in tempi e modi diversi, la stessa missione: Riportare la Chiesa alla freschezza, alla bellezza, all’ umiltà delle origini.

Tutti ieri sera, davanti alle immagini dell’ arrivo di Papa Francesco, a Rio de Janeiro, siamo rimasti davvero senza parole. Un uomo avanti negli anni, dopo dodici ore di aereo, per nulla scalfito dalla stanchezza, ma pronto a camminare in mezzo alla gente, a farsi toccare, abbracciare dalla gente. Non chiuso nelle auto blu, cui clero e politici talvolta ci hanno abituati, ma in un’ utilitaria, con la voglia di incrociare i volti delle persone, di asciugare le lacrime di chi soffre, di “lavare i piedi” agli ultimi, ai diseredati, memore delle parole del Maestro che proprio nei più piccoli e poveri ci ha rivelato il suo Volto.

Pastore in mezzo alle pecore, Papa Francesco ci mostra oggi un modo tutto nuovo di vivere e testimoniare la nostra fede.

Non basta più, sembra volerci dire il Papa, restare chiusi nelle nostre chiese o negli oratori ma bisogna andare fuori, tra le persone, a incontrare e fare nostro il dolore dell’ altro.

Ma non basta neppure rallegrarsi davanti a cotanta testimonianza di umiltà, di spirito di servizio e poi restare nelle nostre chiusure e resistenze. Il monito di Papa Francesco può e deve svegliare le coscienze di tutti noi, il suo modo di fare deve essere il nostro. Con la sua dolcezza, con il suo luminoso magistero Papa Francesco ci rivela che tutti noi, in quest’ era di vanità, di consumismo, di egoismo, possiamo essere miracoli di umiltà.

Andiamo anche noi allora dietro al Successore di Pietro, saliamo su questa barca che prende una direzione tutta nuova e affascinante. Ancora una volta, come per i discepoli, assisteremo ad una “pesca prodigiosa”.

                                                                                               Inviato da Daniele Comito

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