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Erasmus+ alla Guastella…un progetto che andrá oltre il presente

Appena concluso l’ultimo progetto di mobilità tenutosi in Polonia

Erasmus+ alla Guastella…un progetto che andrá oltre il presente

Si è appena conclusa l’ultima mobilità del progetto Erasmus+ “Play with me and teach me”, tenutasi a Krosno, in Polonia… ma cosa significa conclusa? Quando possiamo definire conclusa un’esperienza di vita? Di certo il viaggio, i corsi di formazione, le attività didattiche sono concluse, ma che dire delle ripercussioni, degli effetti a lunga distanza, dei ricordi e dei cambiamenti che inevitabilmente interverranno nella pratica didattica, nell’approccio all’Europa e alla vita in generale? Beh, quelli saranno costantemente con noi e giorno dopo giorno i loro semi si trasformeranno in radici solide del comune sentirsi cittadini d’Europa, in ceppi resistenti per sostenere le sperimentazioni didattiche, in frutti gustosi che saranno l’orgogliosa padronanza delle competenze chiave e di cittadinanza.

Le opportunità di crescita che offre un progetto Erasmus sono molteplici e investono a 360° la formazione di studenti e insegnanti. Prima di tutto, perché trasversale a tutti gli ambiti, è la relazione umana che viene “travolta dall’onda Erasmus”: ne sono testimonianza i saluti di commiato, che portano con loro lacrime, abbracci e promesse di non perdere i contatti; tutte testimonianze della capacità acquisita di accogliere l’altro e letteralmente “patire” un senso di perdita quando si giunge al distacco.

Tornano in mente le parole di uno stimato insegnante di geografia che, in risposta alla richiesta di sostenere l’esame di geografia umana durante il soggiorno Erasmus, ha detto che non c’è nessuna forma di geografia più vera che viaggiare, gustare piatti tipici, incontrare gente del luogo, osservare paesaggi e conoscere tradizioni. Bene, ci siamo immersi nella geografia; ma direi anche che sembrava di nuotare nel mare magnum delle competenze chiave e di cittadinanza, saltellando dalla capacità di comunicare nella seconda lingua a quella del problem solving nel valutare il cambio più conveniente e nella gestione delle risorse durante le trasferte; dalla capacità di apprezzare le differenze come ricchezze alla capacità d’iniziativa personale; dalla capacità di lavorare come gruppo alla gestione delle proprie emozioni fuori casa con la conseguente conoscenza del proprio io.

L’Erasmus, insomma, è un’esperienza di crescita che, come detto, si muove sul piano personale di tutti i suoi partecipanti: non c’è posto per i capricci alimentari da italiani che mangiano solo pasta al sugo ma si dà spazio al piacere di sperimentare la cucina piccante, ricca di carne e salsicce e salse speziate (pierogi, zurek, ecc.), non c’è spazio per la chiusura del gruppo nazionale che impone la propria lingua e i propri ritmi ma si apre lo scenario del dialogo e del compromesso; non c’è spazio per l’uguaglianza ma troneggia la diversità… che spettacolo sentire cantare “Felicità” intorno a un tavolo tutti insieme, giovani e meno giovani, timidi e meno timidi, insegnanti e presidi, intonati e meno intonati, cattolici, ortodossi e musulmani, italiani, spagnoli, polacchi, ciprioti e turchi con un bicchiere di vino o di soda in mano; che straordinaria capacità di essere “ospite” nel duplice significato di chi accoglie e viene accolto, quando durante la cena di commiato il coordinatore spagnolo ripropone il gioco tradizionale polacco del fazzoletto: tutti in cerchio, tre o quattro persone con un fazzoletto al centro del cerchio si muovono al ritmo di una danza tipica polacca e ognuno di loro stende il fazzoletto davanti a una delle persone che forma il cerchio, i due si inginocchiano, si abbracciano e si baciano; che stupefacente facilità di risata tra i giovani quando cercano di scambiarsi battute tipiche del cabaret nella loro versione tradotta e quando insieme intonano i tormentoni che hanno attraversato tutta l’Europa negli ultimi anni, ma anche le canzoni tipiche napoletane.

Durante la permanenza a Krosno le delegazioni dei vari Stati hanno avuto la possibilità di visitare luoghi dall’alto valore culturale, paesaggistico e storico. A partire dalla conformazione del paesaggio, che colpisce per la ricchezza del suo verde, in particolar modo quando si viene dai colori più scuri della campagna siciliana, che dire dell’esperienza del lago di Solina e delle montagne nella zona della Precarpazia? Alcuni alunni sono rimasti incuriositi dal fatto che si possa indossare il costume in montagna sulle rive di un lago, perché abituati a pensare alle vacanze estive in spiaggia al mare… Come descrivere invece lo stupore all’interno delle miniere di sale di Wieliczka? La meraviglia era tale che alcuni temerari hanno dimenticato ogni loro remora a bere dalla bottiglietta del compagno, lanciandosi letteralmente ad “assaggiare” le pareti della cava… salate, gustose, per alcuni disgustose… La miniera di sale ha regalato un altro paio di sorprese: la capacità della pavimentazione di far passare la luce attraverso i cristalli di sale… e via giù tutti rannicchiati a terra con le torce del cellulare a far filtrare la luce! Infine, la chiesa scavata all’interno della miniera. L’arrivo dall’alto offre una vista mozzafiato della struttura, che si mostra al visitatore in tutta la sua grandiosità, non per la ricchezza degli ornamenti ma per la maestosa e semplice austerità. Sulle pareti sono rappresentate scene della vita di Cristo e sul lato opposto del tabernacolo si trova una statua di Papa Wojtyla, dal soffitto pendono lampadari di cristalli di sale.

Cracovia non poteva mancare, tappa obbligata. Ha l’aspetto pulito e signorile delle grandi città dell’Est dell’Europa, che poco hanno da invidiare alle grandi capitali europee, e rivela anche il fascino tipico delle città attraversate da un fiume. La Vistola si impone all’occhio del visitatore che non può non apprezzarne il corso sinuoso ed elegante. Cracovia è una città ricca di scorci ipnotici: la vista del castello di Wawel dal basso verso l’alto che testimonia dell’antico dominio e controllo sul territorio circostante, lo sguardo che abbraccia l’intera piazza del mercato in una dimensione prospettica che ricorda i quadri rinascimentali, l’occhiata veloce che riesce a cogliere il momento in cui la statua del drago, posta ai piedi del castello, sputa fuoco dalle sue fauci, gli scorci malinconici del quartiere ebraico e del ghetto. Infine la fabbrica di Schindler: luogo di perenne memoria di quanto bene si può fare se si crede nel valore della vita umana e di quanto male si può fare quando ci si chiude agli altri. All’interno della fabbrica vi è una mostra permanente sulla vita degli ebrei a Cracovia durante l’occupazione nazista: un percorso dal 1939 al 1945 che, tappa dopo tappa, racconta dell’arrivo dei tedeschi, del ghetto, della sua divisione nel settore A e nel settore B in funzione della capacità lavorativa degli individui, delle deportazioni, dell’arrivo dei Russi. Un percorso che ricostruisce gli ambienti, accompagna con i suoni e i rumori tipici (i sussurri delle prigioni e dei nascondigli segreti, il rumore dei campi di lavoro, ecc.), e offre la possibilità di sentire testimonianze; un itinerario che racconta di storie personali e collettive, utilizzando una pluralità di linguaggi e un setting dinamico e mai uguale nei diversi settori del museo.

A tutto questo, come se già non fosse tantissimo, si aggiunge la cornice pedagogica e didattica che fornisce al progetto un marchio di qualità. Al di là degli scambi personali tra insegnanti, che sono comunque proficui, durante la conferenza finale sono emersi in modo chiaro e definito i cardini sui quali si è impiantato l’intero percorso: la costruzione di un ambiente di apprendimento sereno passa attraverso strategie didattiche molteplici che vanno dal cooperative learning alla didattica ludica, dalle attività d’inclusione alla cooperazione tra le diverse componenti della comunità scolastica: insegnanti, famiglie e studenti. L’elaborazione dei prodotti finali (il guide-book, il dvd e il gioco da tavolo) offrono una panoramica, ricca ma non esaustiva, delle attività svolte e saranno ulteriore mezzo di disseminazione di buone pratiche. La conoscenza di sistemi scolastici differenti dal nostro aprono le porte della riflessione, le pratiche didattiche innovative trovano il giusto terreno per proliferare: insomma il confronto, come sempre, diventa la principale forma di crescita, sviluppo e miglioramento, perché “costringe” all’autovalutazione.

Concluse dunque le attività, inizia ora il momento della disseminazione ulteriore, dell’autovalutazione e dell’inevitabile conseguente cambiamento. Dunque, rimbocchiamoci le maniche e iniziamo a raccogliere i frutti di questa straordinaria esperienza!

 a cura della prof.ssa Luciana Ratto

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