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Il 21 aprile di 119 anni fa moriva Fra Gilormu

Tracce di Memoria – La rubrica di Giuseppe Giordano

Il 21 aprile di 119 anni fa moriva Fra Gilormu

Fra Girolamo Marfisi, affettuosamente chiamato dal popolo misilmerese Fra Gilormo, nacque nel 1820 a Termini Imerese. Al secolo si chiamava Calogero Salvatore, figlio di Carlo (allevatore) e di Antonina Indovina. Sentendo in lui forte il desiderio di consacrare la sua vita al Signore nel servizio agli ultimi, decise di entrare nella Comunità dei Frati Cappuccini della stessa città, dove nel 1852, a trentadue anni, emise la Solenne Professione.

Per la sua grande umiltà decise di dedicare la sua vita alle mansioni più umili e modeste divenendo cosi “frate questuante”. Cominciò a girare per i paesi limitrofi raccogliendo viveri o elemosine da destinare ai poveri e al sostentamento degli stessi frati. Il suo peregrinare divenne ben presto mezzo efficace di apostolato e di evangelizzazione. La sua questua in un paese non durava infatti un solo giorno ma settimane intere; quotidiano era il suo incontro personale con gli ultimi, con i poveri, con le famiglie, con i bambini con cui dialogava e a cui rivolgeva pie esortazioni eduncandoli alla fede.

Tra questi paesi, meta della sua questua fu anche Misilmeri, dove si strinse un singolare legame tra il frate e il popolo stesso. Molte furono le famiglie che ricevettero assistenza spirituale e materiale da fra Gilormo. E tanti furono gli straordinari prodigi operati dallo stesso frate a Misilmeri; episodi che ancora oggi si ricordano soprattutto tra le persone più anziane. Si tratta di racconti ai quali bisogna accostarsi con la fede semplice dei nostri anziani, ma cercando anche di inquadrarli nel contesto sociale e culturale del tempo, rischiando altrimenti di ritenerli frutto dell’immaginazione popolare o ancora facendoli apparire come vere e proprie “favolette”. Molti di questi episodi, infatti, negli Anni Sessanta e Settanta sono stati da Mons. Romano raccolti e trascritti dalla viva voce degli anziani protagonisti (si tratta dunque di testimonianze di primo grado, “de visu”), così come ancora oggi diversi anziani ricordano episodi “miracolosi” successi ai loro genitori o ai loro nonni (testimonianze di secondo grado “de visu a videntibus”). A questo si aggiunge una preziosa testimonianza scritta dal Padre Antonino da Casteltermini in cui si legge che il frate cappuccino «richiamava alla memoria l’idea della santità degli antichi». E ancora in una relazione scritta in occasione della morte di fra Girolamo dal Padre Agostino da Termini, Guardiano del Convento, vi si legge che in occasione dei suoi funerali una folla immensa di persone, non soltanto di Termini Imerese ma provenienti anche da altri paesi e in particolare da Caccamo, Misilmeri e Belmonte Mezzagno, pianse la morte di questo umile fraticello ritenuto un santo, tanto che lo stesso Padre Agostino dovette tagliare un saio del frate in tantissimi pezzetti da distribuirli alla folla presente. A Misilmeri si conserva ancora oggi parte del bastone di fra Girolamo, un tempo conservato presso la famiglia Lo Presti (via Crispi) in cui il frate dimorava spesso durante la questua in paese. Molte sono state anche le guarigioni fisiche e spirituali implorate per intercessione di fra Girolamo, ritenuto da tutti “un uomo di Dio”.

Il frate si impegnò inoltre, in prima persona, per la costruzione del Convento dei frati Cappuccini in Termini Imerese, dedicato alla Madonna della Catena, dove concluse il suo viaggio terreno il 21 Aprile 1897.

Ricordare fra Gilormu, nell’anniversario della sua morte, sia l’occasione per riflettere sulla santità alla quale tutti noi siamo chiamati in virtù del nostro battesimo; sia inoltre motivo per non far tramontare nella nostra città di Misilmeri il ricordo di questo frate cappuccino al quale i nostri nonni erano particolarmente legati per averlo conosciuto direttamente o perché a lui si rivolgevano quotidianamente nella preghiera. A noi il compito di tramandarne il ricordo fra le nuove generazioni e soprattutto l’impegno di ricordarlo nella preghiera, invocandolo con la stessa fede, semplice ma autentica, di quanti ci hanno preceduto.

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