È una storia capitata in uno di quei posti in cui, tutto va sempre come deve andare. Così il pescivendolo è sempre nello stesso posto con le solite sarde, le solite triglie e le solite lape che a cerchio ci girano di sopra. Di infaccio il solito fruttivendolo con la parte antistante il negozio, chino chino di casce di mandarini , arance, finocchi e altra frutta e verdura rigorosamente del luogo e di stagione. Quasi a corredo dei vegetali, in un angolo una bacinella strapiena di acqua, con ammollo il baccalaro salato, che ad ogni arriminata del fruttivendolo si sversava di fuori, creando un rivolo nauseabodo e maleodorante.
La solita quotidianità, venne interrotta da una sagoma di fimmina dalle esagerate e spropositate forme, abbigliata con un paio di leggingis e una cammisa cioriata attillata, che mettevano in esposizione ed esaltavano , il tripudio di trippa umana abbondantemente concentrata sul fondo schiena e sul ventre, che a confronto la statua del Budda dormiente, pareva insiccumata. Raccontavano in paese che da qualche mese e dopo una visita dal suo medico curante, accompagnata da un sonoro cazziatone, ( o mangi più picca e ti limiti o rischi un infarto, poi mori ed io perdo un’assistita) Genoarda era stata coattivamente messa a dieta, per abbassare i livelli di colesterolo e trigliceridi.
Avvicinatasi dal marciapiede opposto, si fermò dal fruttivendolo, dette una taliata ed esclamò ( ca’ c’ è solo manciare per spitittati, cose che facissiro passare il pititto pure ad un picciriddo del terzo munno …. … con rispetto parlando).
Non passò molto che gli occhi le cascassero e fossero rapiti, dalla bacinella china china, di baccalaro ammollo. Rivolgendosi nuovamente al fruttivendolo ( però effettivamente, a taliare bono, cocche cosa che mi appitisci c’è ) ed indicando la bacinella ( dammi tri chila abbondanti di baccalaro e mi raccomanno, sculalo per bene asenno’ , gran pezzo di latro, mi vendi acqua per baccalaro).
Pago’, prese il coppo di carta grigia arrotolata, lo incastro’ tra il braccio ed il seno e si avviò.
Non percorse una lunga distanza, forse neppure un centinaio di metri e vide il suo medico curante, oltrepassare l’uscio della farmacia, probabilmente per una visita di cortesia al suo amico farmacista. Penso’ fosse l’occasione buona per ufficializzare ed inorgoglirsi pubblicamente dei sacrifici alimentari del mese trascorso, sicuramente le limitazioni alimentari, prescritte dal suo medico curante, qualche effetto l’avevano prodotto.
Entrò in farmacia, salutò i presenti, avendo cura di esser notata dal suo medico, cercò con la mano
libera dal coppo, tra le tasche una moneta, la infilò nella fessura della bilancia e con aria tronfa vi sali sopra.
Un silenzio da giudizio universale, permeo’ tutta la stanza e il viso di Genoarda cambiò espressione, da tronfio si trasformò un misto tra l’incazzato e il dubbioso, fissò il farmacista ed con voce severa ( ma come minchia pesa questa valanza? prima della dieta pisavo 108 chili e ora dopo un mese che sto morendo dal pititto e mangio solo scalora e riso in bianco, peso 109 kg? ).
Il farmacista, fissò il coppo incastrato tra le minne di Genoarda e il braccio accenno’ un sorriso divertito e (Genoarda ca certo che sei aumentata di peso ……. !! ca tu, con tutto il baccalaro ti pesi ?)
Mai provocare una donna già incazzata per un improvviso ed ingiustificato aumento di peso corporeo. La risposta di Genoarda, non poté esser più crudele ed
Infausta da esser ancora oggi dopo trent’anni, ricordata da tutti in modo vivido e lucido ( ma picchi tu quando ti pisi, prima chi ti scippi i cabbasisi e poi acchiani sulla valanza?)
Il peso del baccalà
Scrivofono Sicano – La rubrica di Vincenzo La Lia
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